Frutta e verdura: stagionalità e biologico sempre più motivi di scelta
Spesa: un italiano su due disposto a spendere di più per tutelare l’ambiente
Spesa: un italiano su due disposto a spendere di più per tutelare l’ambiente
Al Biofach, la più importante fiera mondiale sul bio, i primi risultati del progetto Biofosf-Wine
I consumatori che scelgono il bio, si aspettano un prodotto sicuro e privo di residui. Per questo, sta crescendo sempre di più l’attenzione al tema dei fosfiti (sali dell’acido fosforico), residui talvolta inaspettatamente presenti nel vino e nell’ortofrutta biologici, pur essendo in realtà, ammessi solo in agricoltura convenzionale. Di questo si è discusso oggi, in occasione del Workshop internazionale del CREA, intitolato “Why phosphonic acid residues in organic wine? The Italian BIOFOSF-WINE project” (Perché residui dell’acido fosfonico nel vino biologico? Il progetto italiano BIOFOSF-WINE) nell’ambito del Biofach 2020 a Norimberga. Sono stati presentati due progetti specifici, coordinati dal CREA: il primo BIOFOSF, conclusosi nel 2018, il secondo, a cui tra l’altro è dedicato il workshop, focalizzato sul vino e ancora in corso.
I ricercatori del CREA hanno indagato prima di tutto le possibili cause di questa presenza indesiderata nei prodotti bio: dall’uso improprio di fosetyl e/o di fosfito di potassio/sodio per la difesa fitosanitaria, all’aggiunta non dichiarata di fosfiti o fosetyl-Al ai mezzi tecnici, alla naturale presenza di fosfiti nei concimi e negli ammendanti o, infine, alla loro produzione spontanea da parte delle colture arboree.
Nel progetto BIOFOSF, dedicato alle contaminazioni da fosfito delle colture orticole e frutticole, sono state realizzate prove sperimentali di campo su colture bio (patata, uva, rucola, pere, pomodoro e kiwi), applicando concimi organici, inorganici e prodotti per la protezione ammessi in biologico, valutandone la potenziale fonte nascosta di acido fosfonico. E’ stato, quindi, effettuato uno screening dei mezzi tecnici (fertilizzanti) ammessi in bio, per verificare l’assenza di acido fosfonico/etilfosfonico ed uno studio sulla degradazione dei prodotti a base di fosetyl.
È emerso che, nelle colture considerate, l’acido fosfonico non viene prodotto spontaneamente dalla pianta, ma si rileva esclusivamente in seguito ad applicazioni di fosetyl-derivati o sali di fosfito, che possono essere effettuate anche inconsapevolmente, tramite l’uso di mezzi tecnici ammessi in biologico, ma contaminati in fase produttiva o irregolari per aggiunte non dichiarate di fosfito o di fosetyl. Inoltre, a causa di diversi tempi di degradazione, è possibile riscontrare o entrambi gli acidi, etilfosfonico e fosfonico insieme, o, se trascorre più tempo, solo quest’ultimo, che degrada più lentamente. La rilevazione del solo acido fosfonico, pertanto, è di per sé sufficiente per indurre a verificare l’applicazione di sali di fosfito, non ammessi in biologico, e, quindi, di eventuali irregolarità.
“La contaminazione da fosfonato – ha dichiarato Alessandra Trinchera, ricercatrice del CREA Agricoltura e Ambiente e coordinatrice di entrambi i progetti – è un problema molto sentito dai produttori biologici italiani, penalizzati per la contaminazione di alcuni loro prodotti, pur avendo seguito correttamente i disciplinari. BIOFOSF ha, di fatto, chiarito sia la dinamica di degradazione del fosetyl, un fitosanitario con ampi residui di acido fosfonico, sia la capacità delle specie frutticole di accumulare il fosfonato nelle loro parti legnose per rilasciarlo successivamente alle foglie ed ai frutti, impattando sui tempi di conversione degli arboreti in bio. Vista la presenza di fosfonato in prodotti a base di rame e di alghe, è, inoltre, necessario implementare adeguatamente il sistema di registrazione e di controllo qualità dei mezzi tecnici per la protezione e la fertilizzazione in biologico. I risultati presentati oggi al Biofach 2020 del progetto BIOFOSF-WINE hanno dimostrato come a volte i 3 anni di conversione in biologico non sono sufficienti a garantire la decontaminazione da fosfiti di un vigneto convenzionale. Nel vino, poi, giocano un ruolo determinante anche i coadiuvanti di fermentazione: abbiamo infatti verificato che il fosfato biammonico e alcuni lieviti possono contenere fosfito, elemento che sottolinea ulteriormente l’importanza di prevedere ulteriori restrizioni per i mezzi tecnici da utilizzare in biologico non solo in campo, ma anche in cantina”.
I due progetti di ricerca dedicati, ossia BIOFOSF “Strumenti per la risoluzione dell’emergenza fosfiti nei prodotti ortofrutticoli biologici” e BIOFOSF-WINE “Strumenti per la risoluzione dell’emergenza fosfiti in uve e vini biologici”, finanziati dal Mipaaf e coordinati dal Crea, con il suo centro Agricoltura e Ambiente, hanno entrambi operato seguendo un approccio ampiamente partecipato. Nel progetto BIOFOSF sono stati coinvolti altri centri CREA (Cerealicoltura e Colture Industriali e Olivicoltura, Frutticoltura e Agrumicoltura), le associazioni del biologico (Federbio), produttori del comparto (BRIO, Apofruit, BioTropic) e la principale associazione italiana di produttori di fertilizzanti (Federchimica- Assofertilizzanti). Nel progetto BIOFOSF-WINE invece collaborano a vario titolo con il CREA – Agricoltura e Ambiente – la Fondazione E. Mach, Federbio, Alleanza Cooperative, l’Unione Italiana Vini, con l’importante supporto dei Laboratori Vassanelli.
Tutti soddisfatti dopo un anno del progetto che finanziato dall’Unione Europea e CSO Italy per promuovere il biologico in Italia, Francia e Germania.
Piace, consente di far conoscere il mondo del biologico italiano con maggior forza comunicativa sia in Italia che all’estero ed ora altre iniziative partiranno in questa nuova stagione. A Berlino, nello spazio del CSO Italy a Fruit Logistica, si è fatto il punto su Made In Nature, il progetto finanziato dall’Unione Europea e CSO Italy per un totale di 1,6 milioni di euro dedicato alla promozione del biologico in Italia, Francia e Germania e che vede partecipare aziende come Brio, Canova, Conserve Italia, Veritas Biofrutta, RK Growers e Lagnasco Group.
“Un anno fa qui a Berlino veniva presentato questo progetto e quest’anno siamo ancora qui per portare le testimonianze di quanto fatto e quello che faremo nel secondo anno di attività” ha spiegato Paolo Bruni, presidente del CSO Italy. Obiettivo: dare forza ed energia all’ortofrutta italiana. Un paese, il nostro, “che si è distinto per le proprie eccellenze produttive nelle denominazioni di origine ma anche del biologico, del quale è diventato leader del settore a livello europeo”.
“Stiamo facendo molti contatti con giornalisti e buyer per dare l’idea del biologico italiano come offerta di qualità superiore. Non dimentichiamoci che il biologico in Europa è nato in Italia, che è stato il primo bacino di produzione. Negli ultimi due mesi abbiamo registrato oltre 300 mila impression sui social a testimonianza del fatto che il biologico riesce ad emozionare” ha spiegato invece Alessandra Ravaioli, che ha condotto l’incontro.
All’incontro hanno partecipato alcuni esponenti delle aziende che partecipano al progetto. A partire da Luca Zocca (Brio Spa), che ha sottolineato come il progetto stia consentendo di commercializzare e comunicare meglio i prodotti bio all’estero, come ad esempio con l’operazione svolta nei supermercati Tegut che verrà replicata anche quest’anno in Germania con kiwi e mele. “Abbiamo fatto incoming in Italia, workshop e una delle cose più importanti fatte con il CSO Italy è stata quella di ospitare i responsabili dei punti vendita o del reparto ortofrutta in azienda – ha continuato Zocca – per spiegare loro cosa è il biologico e questo permette agli addetti dei reparti di trasferire le informazioni poi ai consumatori. Paolo Pari (Almaverde Brio) ha evidenziato come in Germania gli assortimenti del biologico si sono ampliati molto ormai, soprattutto nei discount. “Aumenta la competizione per noi produttori anche se va ricordato come le eccellenze italiane dell’ortofrutta valgono anche nel biologico. Progetti come questi aumentano sicuramente il valore della percezione del biologico italiano soprattutto sul fronte del mercato estero”.
Antonio Cogo (Veritas Ortofrutta) ha ricordato come il mercato sia in costante evoluzione. “Stiamo cercando di far capire ai produttori produttore come si sta evolvendo il mercato facendogli vedere che il biologico sia il futuro. Siamo contenti del progetto, stiamo portando avanti la conoscenza in Francia e Germania e stanno arrivando ottime soddisfazioni. Massimo Perotto (Lagnasco Group), infine, ha evidenziato come il biologico stia crescendo molto nella grande distribuzione, ma come anche a grossisti e dettaglianti stiano donando molta importanza all’ortofrutta biologica. “Stiamo valutando di intensificare degustazioni verso i nostri clienti Germania – ha concluso – con i piccoli frutti e stiamo discutendo se fare un evento con mele biologiche a Parigi per farle conoscere alla ristorazione”.
Archiviato il primo anno, ora Made in Nature sarà attivo per i prossimi due anni, in cui sarà prevista la partecipazione a fiere di settore e l’organizzazione di workshop, attività instore nei paesi target e altre iniziative che proseguiranno nell’obiettivo di raggiungere oltre 24 milioni di utenti singoli e sensibilizzarli ai valori del biologico come scelta di benessere e sicurezza.
Fonte: MyFruit
Il 2020 del progetto Made in Nature – Scopri i valori del biologico europeo, finanziato dall’Unione Europea e Cso Italy che coinvolge le aziende leader del settore (Brio, Canova, Conserve Italia, Lagnasco Group, Rk Growers e VeryBio), comincia alla grande con un’iniziativa organizzata nel cuore di Parigi che ha visto coinvolti un gruppo di giornalisti, food blogger e influencer francesi selezionati. Gli invitati hanno potuto gustare il meglio del biologico fresco e confezionato made in Italy attraverso uno show cooking esclusivo di Jean-Yves Vuong, vincitore della prima edizione di Masterchef Francia, che ha aperto le porte del suo home restaurant per questo evento speciale.
“Per assicurare un futuro prospero alla filiera del biologico e garantire al consumatore un prodotto sano e sicuro, dobbiamo salvaguardare prima di tutto gli agricoltori”. È questo il concetto chiave che Roberto Zanoni, presidente di Assobio, l’associazione nazionale delle imprese di trasformazione e distribuzione dei prodotti biologici e naturali, ha voluto sottolineare al convegno “BIO: il prezzo è giusto?” tenutosi a MarcabyBolognafiere. Come è emerso dall’incontro, riconoscere il prezzo giusto ai prodotti biologici é un’operazione che richiede ai soggetti acquirenti – buyer delle aziende di produzione che comprano le materie prime (ortofrutta, grano, pomodoro, latte) o buyer della GDO – un contributo fondamentale. “Vogliamo che durante l’atto dell’acquisto si accenda nella testa del buyer una lampadina che gli faccia immediatamente sorgere un dubbio in merito al prezzo di acquisto se quest’ultimo è troppo basso” afferma Zanoni.
In base ai dati Istat negli ultimi 27 anni il numero delle aziende agricole italiane è diminuito fortemente, il 62% ha chiuso ed è importante interrogarsi sulle motivazioni che spingono gli agricoltori italiani a smettere di fare gli agricoltori. Assobio ha finanziato questo studio proprio per impedire che ciò avvenga anche nel mondo del biologico.
“Il fatto che AssoBio abbia finanziato questo studio potrebbe sembrare atipico in quanto i suoi consociati (produttori e i distributori) dovrebbero poter comprare al prezzo più basso per essere competitivi. AssoBio crede invece che sia importante che l’azienda agricola abbia il giusto compenso affinchè i valori del biologico siano rispettati da tutta la filiera” aggiunge Roberto Zanoni.
Se l’obiettivo è quello di corrispondere il prezzo giusto all’agricoltore biologico, la proposta di AssoBio comprende “l‘istituzione di una Commissione unica nazionale che lavori su una filiera trasparente e correttamente tracciata in relazione alle zone di produzione per evidenziare i costi reali dei processi. Un lavoro da portare avanti assieme alle organizzazioni professionali e di concerto con il mondo dell’agricoltura convenzionale”.
Il progetto sul ‘prezzo equo’ sarà presentato al MIPAAF, alle associazioni di categoria, agli enti certificatori, a tutti i soggetti interessati. L’intento è quello di creare un percorso condiviso e sinergico a sostegno di tutte le aziende biologiche che lavorano in modo serio. Il fine è quello di dare agli agricoltori biologici prospettive di sviluppo e incentivare gli agricoltori convenzionali alla conversione al biologico, raggiungendo così anche l’obiettivo di proteggere e/o rigenerare porzioni di suolo asfittico, in nome di una sostenibilità ambientale che giovi trasversalmente all’intero comparto e rappresenti una speranza di sostenibilità anche economica per tutta l’agricoltura italiana.
AssoBio ha incaricato e supportato FederBio Servizi nell’analisi delle linee tecniche di coltivazione e allevamento e dei costi di produzione nei diversi territori, a partire dalle produzioni più diffuse. Nel corso del convegno sono state presentate le linee tecniche e i costi di produzione per le filiere del pomodoro, del frumento, del latte e del formaggio; un’indagine che sarà allargata a molte altre produzioni italiane, fornendo così alle imprese e al mercato informazioni trasparenti e riferimenti certi per contratti di compravendita, consentendo ai consumatori l’accesso a tutte le informazioni per un acquisto sempre più consapevole.
La tracciabilità rappresenta un altro degli strumenti principali per garantire un futuro da protagonista al biologico. Esso prevede un patto di coerenza tra tutti gli attori della filiera: dalle aziende agricole ai distributori di alimenti e servizi, fino al consumatore finale, tramite una piattaforma di tracciabilità che dovrà essere validata dal Ministero e dove tutti saranno obbligati a inserire i passaggi dell’intero processo produttivo.
AssoBio crede che per poter indirizzare in modo coerente i processi produttivi del biologico, sostenere tale mercato e proteggere l’ambiente, gli agricoltori debbano essere messi nelle condizioni di poter lavorare serenamente ed essere adeguatamente compensati. E’ determinante per il futuro del biologico e del pianeta pagare in modo corretto chi produce in maniera coerente.
Fonte: Corriere Ortofrutticolo
Il documento presentato dalla presidente della commissione EU Ursula Von Der Leyen punta su una strategia di crescita verde che dovrà portare l’Europa a essere il primo continente neutrale dal punto di vista climatico entro il 2050.
Bologna, 12 dicembre 2019 – L’incremento dei terreni coltivati ad agricoltura biologica è tra le 50 proposte della roadmap del Green Deal europeo presentato dalla Presidente della Commissione europea. Il piano prevede iniziative volte a favorire l’economia circolare, gli investimenti verdi in Europa e la strategia “Dal produttore al consumatore” per progettare un sistema alimentare giusto, sano e rispettoso dell’ambiente attraverso la diffusione di pratiche sostenibili come l’agricoltura e l’allevamento biologici.
FederBio valuta estremamente positivi anche i piani strategici finalizzati a ridurre significativamente l’uso di pesticidi chimici, fertilizzanti e antibiotici la cui attuazione non può prescindere dalla conversione al biologico.
“Esprimiamo grande soddisfazione per la nuova strategia di crescita verde per l’Europa presentata al Parlamento EU da Ursula von der Leyen. Il Green Deal europeo è un vero e proprio cambio di paradigma e tra le proposte l’approccio agroecologico e la transizione verso l’agricoltura biologica per favorire la biodiversità e il contrasto al cambiamento climatico rappresentano alcuni dei punti fondamentali. Inoltre, c’è una chiara indicazione affinché i piani strategici nazionali della Politica Agricola Comunitaria (PAC) riflettano pienamente l’ambizione del Green Deal e siano indirizzati a ridurre significativamente l’utilizzo dei pesticidi e dei fertilizzanti chimici nonché l’uso di antibiotici e a premiare gli agricoltori per il miglioramento delle prestazioni ambientali e climatiche. Auspichiamo che le direttive europee siano propulsive per una veloce approvazione al Senato della proposta di legge sull’agricoltura biologica, già approvata a grande maggioranza alla Camera”, ha dichiarato Maria Grazia Mammuccini, Presidente FederBio.
Ufficio Stampa FederBio
Il progetto Made in Nature, finanziato da Unione Europea e dai principali produttori di biologico in Italia come Brio, Canova, Conserve Italia, Lagnasco RK Growers, VeryBio coordinati da CSO Italy, ha organizzato a Bologna un incontro con i media per sintetizzare l’andamento di una annata che ha visto soprattutto penalizzate le quantità disponibili a causa di problemi climatici che hanno determinato una perdita di produzione superiore al 30% su base annua.
Il problema del clima per il biologico è importante e va certamente a ridimensionare il potenziale produttivo vegetale ma va anche detto che il biologico, secondo studi recenti, è un modello che limita le emissioni di gas serra e favorisce la fissazione del carbonio nel terreno quindi è da considerare un potenziale strumento per ridurre il riscaldamento globale.
Sul fronte dei produttori comunque si sono rilevati problemi produttivi anche per le produzioni autunnali biologiche come pere, mele e uva anche se fortunatamente la qualità dell’offerta italiana è straordinaria e la domanda vivace.
A livello distributivo il biologico si sta sempre più concentrando sulla GDO, un fenomeno in atto vistosamente in Italia negli ultimi anni ma anche in altri paesi Europei come Germania e Francia che sono i due paesi target del progetto Made in Nature insieme all’Italia.
La Francia, importante paese di sbocco del biologico italiano, sta investendo massicciamente sulla sostenibilità ambientale e quindi sul bio e i consumatori sono particolarmente sensibili ai temi ambientali come dimostra la ricerca pubblicata il 12 novembre su statista.com nella quale si evidenzia che il 32% dei francesi dichiara di acquistare regolarmente biologico e il 52 % saltuariamente. Percentuali importanti di attenzione sul prodotto. In tale contesto l’offerta italiana deve essere identificabile e di qualità percepita elevata per penetrare un mercato sempre più affollato.
Anche per la Germania il tema chiave è l’identità del prodotto italiano che deve differenziarsi e caratterizzarsi in un mercato estremamente recettivo per il biologico ma certamente molto esigente sia in termini di qualità che di prezzo.
Negli ultimi dieci anni il mercato del biologico in Germania è passato da 5,8 miliardi di euro del 2008 ai 10,9 miliardi di euro del 2018 e con la crescita costante dell’attenzione dei consumatori verso stili di vita salutistici e consapevolezza sulle modalità di produzione del cibo, certamente le previsioni future sono di crescita.
Tutti gli indicatori sono positivi per il biologico a livello globale e da questo successo si deve riuscire a creare diversità legata al Made in Italy.
L’Italia, va ricordato, è stata primo produttore di biologico al mondo fino a pochi anni fa. È stata anticipatrice di questo trend produttivo e detiene la cultura di prodotto più profonda d’Europa.
Una produzione che viene dal basso, dalle specifiche caratteristiche delle aziende bio nazionali. Piccole realtà produttive spesso a gestione famigliare condotte da giovani imprenditori molto attenti all’ambiente e alla sostenibilità.
La realtà produttiva agricola italiana è unica e rispecchia un modello qualificato di offerta spesso aggregata in organizzazioni evolute ma sempre vicina alla terra e ai suoi produttori.
Fonte: CSO Italy Centro Servizi Ortofrutticoli
L’obiettivo del Progetto Start Up Bio vuol creare i presupposti per favorire la transizione dall’agricoltura convenzionale a quella biologica e a supportare i processi di innovazione delle aziende agricole.
Il Progetto, della durata di 24 mesi, propone una formazione qualificata e innovativa ai “nuovi giovani agricoltori” interessati a valutare percorsi di start up di aziende agricole bio e agli imprenditori agricoli già attivi che intendano convertire i propri sistemi di produzione passando al biologico. Start Up Bio, che ha già avuto l’approvazione istituzionale del Mipaaf nell’ambito del Programma della Rete rurale nazionale 2014-2020, sarà svolto con il supporto di un partenariato internazionale composto da Ecovalia (Spagna), Agribio (Portogallo), Akep (Grecia), Fibl Europa (Belgio) e Ifoam.
Il progetto prevede lo sviluppo e la sperimentazione di strumenti formativi innovativi basati sull’Information Technology allo scopo di supportare processi di qualificazione degli operatori del settore primario. La creazione di nuova occupazione attraverso l’agricoltura biologica è dunque l’elemento fondante di questo percorso formativo che nei metodi di produzione biologica vede una prospettiva per il ritorno alla terra, contribuendo al ricambio generazionale nel settore primario.
La formazione si baserà sull’utilizzo di risorse interattive digitali e percorsi e-learning, allo scopo di garantire flessibilità dell’offerta e maggiore accessibilità e fruibilità. Saranno disponibili anche servizi “su misura” offerti dall’Incubatore Europeo per l’Agricoltura Biologica di nuova implementazione. La fase finale del progetto prevede inoltre la creazione una fase di tutoraggio diretto in campo.
Per saperne di più https://feder.bio/federbio-servizi-centoform-promuovono-progetto-start-bio/
DALLA RIVOLUZIONE VERDE ALLA RIVOLUZIONE BIO: IL BIOLOGICO TRA PRESENTE E FUTURO è la nuova iniziativa – promossa da BolognaFiere in collaborazione con FederBio e AssoBio, RIVOLUZIONE BIO è un’occasione unica di incontro tra operatori del settore, esperti internazionali e istituzioni per favorire il confronto e, soprattutto, offrire un quadro sempre aggiornato su opportunità di mercato e sfide future.
RIVOLUZIONE BIO è l’ideale prosecuzione del proficuo confronto iniziato a EXPO Milano 2015 – promosso da BolognaFiere, Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e del Turismo, ICE e dalle organizzazioni del settore da cui ha preso avvio il percorso che ha portato all’adozione del Piano Strategico nazionale del biologico che si concluderà nel 2020 da parte della Conferenza Stato Regioni.
RIVOLUZIONE BIO intende rappresentare un’iniziativa per elaborare proposte e raccomandazioni per i decisori pubblici e per affermare ancora una volta distintività e rilevanza di un settore cruciale per l’economia italiana. RIVOLUZIONE BIO sarà il primo importante momento di riflessione sul ruolo del biologico per l’agricoltura italiana, soprattutto ora che è fondamentale pensare al settore come leva determinante per affrontare le sfide cruciali dello sviluppo sostenibile, del futuro delle prossime generazioni e della salvaguardia dell’ambiente. Biodiversità, protezione delle acque, benessere degli animali, climate change sono solo alcune delle aree di lavoro cruciali.
RIVOLUZIONE BIO si svolgerà a Bologna e si aprirà il 5 settembre con una giornata di lavori – articolata in 4 sessioni tematiche – presso il Palazzo dei Congressi (BolognaFiere). Il 6 settembre seguirà una Tavola Rotonda, evento di apertura di SANA 2019.
Presto online tutte le informazioni sul programma e sulle modalità di partecipazione.
Il 4 luglio, il CREA Orticoltura e Florovivaismo di Monsampolo del Tronto (AP) organizza il convegno “Le nuove frontiere del biologico: la ricerca incontra il mondo operativo”.
L’evento, rivolto ad agricoltori, tecnici, ricercatori, portatori di interesse, consumatori e appassionati di agricoltura si svolgerà all’aperto presso i campi sperimentali della sede di Monsampolo. Nel corso della manifestazione, i ricercatori illustreranno gli studi attualmente in corso, finalizzati all’ottenimento di protocolli agronomici sostenibili che portino a produzioni remunerative per gli agricoltori e a prodotti con elevate caratteristiche qualitative.
Scarica il programma broch_ Le nuove front del bio_4 lug 2019