Le certificazioni sul Covid-19 sono pratica sleale
Il terzo decreto sul Coronavirus, pubblicato lunedì 2 marzo in Gazzetta Ufficiale, ha stabilito il divieto per gli acquirenti di prodotti agroalimentari di richiedere ai fornitori certificazioni inerenti al Covid-19.
L’Articolo 33 del D.l. 2 Marzo 2020, entrato immediatamente in vigore recita testualmente che “costituisce pratica commerciale sleale vietata nelle relazioni tra acquirenti e fornitori ai sensi della direttiva (Ue) 2019/633 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 aprile 2019, la subordinazione di acquisto di prodotti agroalimentari a certificazioni non obbligatorie riferite al Covid-19 né indicate in accordi di fornitura per la consegna dei prodotti su base regolare antecedenti agli accordi stessi”.
La norma stabilisce anche sanzioni pecuniarie comprese tra 15mila e 60mila euro per i clienti che non rispettano la legge. “La misura della sanzione è determinata facendo riferimento al beneficio ricevuto dal soggetto che non ha rispettato i divieti”, evidenzia l’Articolo 33. Che prosegue: “L’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione delle frodi dei prodotti agroalimentari del Mipaaf è incaricato della vigilanza e dell’irrogazione delle relative sanzioni, ai sensi della legge 24 novembre 1981, n. 689. All’accertamento delle medesime violazioni l’Ispettorato provvede d’ufficio o su segnalazione di qualunque soggetto interessato”.